15/1
2005

Notte (giorno) Notte [3]

Scesi ad una fermata a caso, verso Santa Teresa degli Scalzi. Avevo un altro paio di mostre tra cui scegliere, ma prima dovevo fare qualcosa per quel mal di testa. Urgentemente. Mi infilai in una farmacia e ne uscii con una scatola di compresse, me ne infilai subito una in bocca, camminando. Mentre pranzavo il cielo si era rasserenato, le strade si riempivano di gente che usciva a passeggiare ed a guardare le vetrine. Mi fermai in un angolo a consultare la cartina che avevo acquistato in stazione, quasi vergognandomi di fare il turista; Gaudì era vicino a Piazza PLebiscito, Schnabel molto più lontano, dalle parti dello stadio. Lontano, poi, per modo di dire, considerando i chilometri che avevo attraversato per arrivare fin lì, dovevo solo trovare un modo per arrivarci.
Cominciai quindi a scendere a piedi, consultando ad ogni fermata il tragitto degli autobus, ma facendomi allo stesso tempo l’idea che valesse la pena visitare anche il centro, per quanto possibile.
Mi distraevo in continuazione a fissare un palazzo, una galleria, una targa di marmo, una piazza, in mezzo al vociare festivo ed al chiasso del traffico. Mi infilai curioso in galleria Umberto I, attratto come una gazza dal luccichio dei cristalli. Rimasi a bocca aperta per lo splendore che mi circondava e mi sovrastava, il vetro ed il ferro, gli angeli di pietra e le luci, la percorsi in tutte le direzioni, da solo questo luogo mi ripagava del viaggio e della parziale delusione del mattino. Subito dopo, Piazza del Plebiscito riportò il conto in attivo, mi fermai a guardare dal basso la città che si arrampicava verso Capodimonte dove mi trovavo appena un paio d’ore prima, provai la netta sensazione di star guardando un’enorme cartolina. Girai le spalle, continuai a scendere, lasciandomi conquistare dal golfo che si andava illuminando e dal mare che veniva inghiottito dalla sera. Come sempre, non saprei dire in che modo ma la città mi entrò nel cuore più per simpatia che per qualcosa di specifico che avevo visto o non visto.
L’esposizione su Gaudì era a Castel dell’Ovo, ma quando attraversai il ponte che lo congiungeva con la città scoprii che l’ingresso era già chiuso. Erano da poco passate le cinque del pomeriggio, ad aver saputo gli orari mi sarebbe bastato affrettare un po’ il passo per arrivare in tempo, ma mi andò male. Restava pur sempre Schnabel su cui ripiegare (con rispetto parlando) e nonostante la stanchezza mi rendesse ormai le gambe pesanti tornai sui miei passi, alla ricerca di un autobus che mi portasse nella giusta direzione. Soddisfatto, ma non sazio, di quanto avevo visto fino a quel momento. Piazza Plebiscito ormai avvolta dalla precoce notte invernale aveva mutato aspetto, i turisti che si fermavano ad ammirarla erano scomparsi e tra le ombre del colonnato si sentivano scoppiare petardi e risa. Mi sedetti a fumare una sigaretta cercando di capire, di nuovo con la cartina spiegata tra le mani, quale fosse almeno la strada da imboccare. Non ci riuscii, continuai a vagare alla ricerca del bus fino a quando mi resi conto che anche quell’ultima mostra stava per chiudere e che nonostante la piantina della città a cui stavo facendo riferimento, non avevo assolutamente idea di dove mi trovassi in quel momento.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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