16/1
2006

La sindrome del cagnetto rognoso

[Citazione della settimana]
B.: ...ed ha fatto bene a non scendere dalla macchina, altrimenti gli avrei fatto un culo così con il mio kung fu.
L.: Anche con il Tai-Chi. Solo moooooooolto più lentamente.
[Fine citazione]


Fa freddo, continua a fare freddo, fa sempre più freddo. Secondo me ci hanno fregati tutti con quella storia dell’effetto serra per non dirci che in realtà è ricominciata l’era glaciale. Ora me lo sento che farà ogni giorno più freddo e freddo e freddo fino a quando le piante moriranno e gli animali moriranno e gli oceani si ghiacceranno ed i piumini ikea si copriranno di brina ed i vulcani si spegneranno ed infine io sarò costretto ad indossare il cappotto per uscire a fumare la sigaretta.

Non che io abbia particolari problemi con il freddo, in realtà. Se mi dovessi preoccupare di qualcosa che potrebbe accorciare la mia speranza di vita, si tratterebbe piuttosto della mia persistente sindrome post-adolescenziale da ragazzo di strada disadattato e rissoso.
Per esempio.
Sabato sera sto uscendo da un bar e sento che dei tipi seduti vicino alla porta fanno un commento indirizzato inequivocabilmente a me*. Mi volto, i tre si zittiscono e mi guardano, ubriachi. I classici ceffi da bar, frustrati da una settimana di miserie, che desiderano solo sfogare la propria repressione ubriacandosi e prendendosela con il primo malcapitato che incontrano**. La parte civilizzata del mio cervello mi suggerisce che forse è il caso di proseguire per la mia strada ed andarmene, non ti curar di loro eccetera eccetera che ho pure una certa fretta e cose da fare, ma niente, mi scende questo brivido per la spina dorsale e devo tornare sui miei passi, avvicinarmi, guardare il tipo che ha parlato negli occhi con il mio sguardo più torvo e chiedergli se ce l’avesse con me. La parte civilizzata del mio cervello torna fuori a leccare la neve incrostata sul marciapiede.

Il seguito è abbastanza prevedibile. Due minuti dopo ero lì che mi bevevo un bicchiere di rabosello offerto da loro e scambiavo due chiacchiere amichevoli. Pensavate che avessi fatto a botte e stessi scrivendo da una stanza d’ospedale battendo sulla tastiera con una matita infilata tra i denti, eh? Fortunatamente non ce n’è stato bisogno, altrimenti li avrei conciati per le feste (cioè li avrei resi allegri e soddisfatti come un bambino la mattina di natale). Però devo fare qualcosa per ’sta sindrome di rispondere alle provocazioni degli ubriachi al bar, è da quando ho quindici anni che ogni volta va a finire così: mi bevo un bicchiere di vino insieme all’ubriaco. Io starei cercando di disintossicarmi dall’alcol, in fondo.

In una vita precedente devo essere stato uno di quei cagnetti piccoli e rompiballe che abbaiano un casino ed appena cerchi di prenderli a calci ti mordono la caviglia con i loro dentini aguzzi. Anzi, devo essere stato il primo cagnetto nella storia dei cani a rompere le balle ed averlo insegnato a tutti gli altri. Credo di immaginare come sia morto.

P.S.: Il mio sguardo più torvo, per chi non lo sapesse, è più o meno così: .\/.. Credo che faccia veramente paura.


* Avevo commesso l’errore di entrare in un bar da sballoni con un cappotto scuro gessato, il che costituisce una violazione del galateo dei bar che in veneto sostituisce il codice penale. Da questo punto di vista, pertanto, dò ragione a loro.

** Questo non vuol dire un cazzo, ovviamente, ma serve a creare suspence. In realtà erano tre normalissimi sballoni ubriachi.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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