14/6
2006

2006: Fuga da Villa Gelida

Sto leggendo un libro, Supervita, di tale Marco Bacci. Spesso i libri di fantascienza italiani non mi sono piaciuti ma questo ha alcuni indiscutibili pregi: è scritto bene e senza complessi fantatecnicismi, mi diverte con paradossi spazio-temporali e multidimensionali, ha una gran bella copertina bianco aipòd (che è così tremendamente fico anche per noi che non ce l’abbiamo, l’aipòd). Inoltre, è composto da racconti brevi e interconnessi, quindi riesco a non perdere troppo il filo anche se l’unico tempo che ho a disposizione per leggere è quello impiegato per il tragitto casa-bunker. Non al volante, non ancora, ma nelle pause ai semafori e nei pochi minuti residui tra il mio arrivo al bunker e l’ultimo momento utile per varcarne la soglia.
Perché il resto della mia vita, escluse otto trascurabili ore presso il suddetto luogo di quotidiano sfruttamento lavorativo, viene ogni giorno immolato alla più crudele delle divinità pre-babilonesi: il Trasloco.

Il Trasloco è il motivo per cui il genere umano si è dedicato alla costruzione di società stanziali. Il Trasloco è il motivo per cui le comunità stanziali provano rancorosa avversione per le comunità nomadi. Il Trasloco è l’attività fisica e mentale che assorbe il 95% della mie energia da sveglio, lasciandomene solo un 4% per scaccolarmi ed un misero 1% per mangiare senza sbrodolarmi la maglietta. Io, con la calma e la serenità spirituale che mi contraddistinguono e mi fanno levitare una spanna sopra la massa, sto cercando naturalmente di gestire il tutto senza troppi affanni, ciononostante devo ammettere che alcune questioni mi lasciano ansiosamente perplesso. Per esempio: com’è arrivata in bagno la lavatrice, visto che apparentemente pesa una tonnellata? E sarà possibile farle fare il percorso inverso giù per le scale? E il frigorifero? E il divano? E dove mai nell’universo troverò tanto cartone da poterci imballare la cucina che peraltro devo ancora cominciare a smontare? E quando devo disdire l’adsl? E il bindoncino blu per l’umido a chi lo devo restituire? E dove metterò tutti questi maledetti mobili? E quando ridarò la tinta alle pareti? E dove cazzo sono le mie fottutissime gocce di tiglio e biancospino?

Ehm.
Stavo dicendo.
Naturalmente sono tutti falsi problemi che si risolveranno quasi da sé, con naturalezza, e infatti non mi sto mica preoccupando davvero. Eppoi non sono mica solo. Eppoi è divertente spostare le cose e sistemarle in un Posto Nuovo. Eppoi ogni tanto mi posso fermare e cenare con una deliziosa panzanella all’abruzzese. Eppoi a furia di spostare scatoloni mi sta venendo fuori un fisico così:

Lusky riflette stanco e pensoso su come spostare il divano
(Nella foto, Lusky riflette stanco e pensoso su come spostare il divano)

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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