16/2
2016

Adozione, istruzioni per l’uso [1]

Sono stanco, confuso e probabilmente influenzato, per cui mi sembra piuttosto appropriato condividere con voi gentili ed invisibili lettori alcune riflessioni, memorie su un tema che è fugacemente salito alla ribalta delle cronache in questi giorni e che presto sicuramente tornerà di nuovo nell’oblio. Non sto parlando del festival di Sanremo, purtroppo. Sto parlando di adozioni, quella roba che pigli un bambino già fatto, te lo porti a casa come se l’avessi fatto tu e diventa tuo figlio. Come sapranno già i due che mi conoscono di persona, i più malintenzionati o gli hacker che mi hanno violato l’hard disk, recentemente mi è capitato di adottare una bambina. Una bellissima, dolcissima e pericolosissima creatura che chiameremo Bustina. Anche se questo non fa certo di me un grandissimo esperto in materia, magari ne so qualcosa di più del vostro cardinale di fiducia. Se non altro, ho dovuto informarmi ed armarmi di santa pazienza per affrontare il lungo percorso burocratico, sociale ed emotivo che un’adozione comporta e magari a qualcuno può interessare qualche informazione di prima mano prima di affrontare la stessa strada o sparare cazzate sul diritto di tizio e caio ad adottare un bambino. Va da sé che mi riferisco al contesto italiano (in particolare veneto, perché su questo tema le autorità locali fanno un po’ quel che vogliono) ed alla mia esperienza personale. Sarà una storia lunga, per cui attrezzatevi di patatine e birra ed aspettatevi più di una puntata.

Io et Amormio abbiamo cominciato ad avvicinarci all’argomento alcuni anni fa ed è stato un bene, perché il riciclaggio di bambini richiede prima di tutto una certa preparazione, almeno per la legge italiana. Non è che tutti possono diventare genitori, cinque minuti di ginnastica, uno schizzetto e via. Quello vale per le coppie normali e la legge ci tiene a farti sapere fin da subito che se vuoi adottare una creatura non sei certamente una persona normale. Quindi, si prende in mano il telefono e si chiama il servizio adozioni della vostra USL, si scambiano due chiacchiere in simpatia e ci si iscrive al corso più vicino. Questi corsi di preparazione all’adozione sono aperti a tutti ed hanno un grandissimo pregio: sono gratuiti. A parte questo, ci sono state riunioni del direttivo dell’Isis più divertenti ed animate da maggiore sensibilità. Anche se l’argomento principale di tutti questi corsi è sempre il BAMBINO, scritto e pronunciato tutto maiuscolo, il sottotesto costantemente presente e qualche volta pure esplicitato è infatti che voi siete lì perché avete dei problemi e non potete avere un BAMBINO e quindi volete adottare un BAMBINO per risolvere i vostri problemi e tutto questo è ovvio, naturale ed assolutamente SBAGLIATO. Non aiuta che a condurli siano spesso degli psicologi, la forma di vita terrestre più spregevole dopo il virus dell’ebola. Grazie a loro ed al sadismo che li accompagna, in questi corsi va costantemente in scena il "dramma della sterilità".

Qui entra in gioco un argomento spinoso, ovvero le motivazioni che spingono degli esseri umani a voler fabbricare un pupo o, in alternativa, a prenderne uno fabbricato conto terzi. Sparo le mie. Credo che alcuni genitori, singolarmente o in associazione a delinquere, cerchino un riscatto dalla noia del quotidiano, altri desiderino solo qualcuno da amare e a cui dare l’affetto che non hanno mai ricevuto, altri ancora proiettino su un proprio clone ideale l’angoscia di una vita mai vissuta. Molti si fanno condizionare dalle fortissime pressioni culturali su questo tema, mentre qualcuno ad un certo punto della vita sente una sorta di imperativo biologico a riprodursi e mandare avanti la specie, un istinto irrazionale ed irresistibile. La tradizione fascista di questo Paese tende a sobbarcare sulla donna il ruolo irrinunciabile di madre, la cui mancata realizzazione comporta ancora l’attribuzione di uno stigma sociale di inadeguatezza o devianza, ma salvo smentita dai biologi in studio credo che il desiderio di paternità possa essere presente o assente quanto quello di maternità. Probabilmente esistono tante motivazioni quanti genitori, alcune valide, altre decisamente no, altre inspiegabili. Alcuni non sentono alcuno stimolo a figliare e vivono alla grande lo stesso, per inciso. Per motivi altrettanto eterogenei alcuni decidono di adottare un figlio. La mia esperienza, però, mi porta a ritenere che molti arrivino a questa scelta solo dopo aver tentato in tutti i modi di farsene uno in casa alla vecchia maniera, aver messo in pratica tutti i consigli di nonne, zie e conigli, aver consultato sull’argomento tutti i medici del mondo, essersi sottoposti ad esami estenuanti e qualche volta umilianti, aver pianto tutte le lacrime dei sette mari, aver fatto operazioni, cure, pellegrinaggi, aver preso pastiglie, pozioni, punture e naturalmente sguardi pietosi e molte domande indiscrete alla cena di Natale. Ho conosciuto molte persone, alcune tra le mie più care, che desideravano ardentemente un figlio e per un motivo o per l’altro non riuscivano ad averlo con la consueta procedura, a volte ho condiviso parte delle loro tribolazioni ed ho solo sfiorato la loro sofferenza, la frustrazione ed il senso di impotenza di fronte ad un ostacolo insuperabile. E’ ingiusto e crudele. Alcuni si arrendono ed imparano a convivere con la propria peculiarità, altri trasformano il desiderio di genitorialità in un pensiero fisso, un’ossessione che da e toglie senso alla vita e solo dopo essere giunti allo stremo delle forze ed all’esaurimento delle possibilità accettano con dolore la situazione e si orientano verso la "scelta" dell’adozione. Questo è "il dramma della sterilità" vissuto da molti che si avvicinano alla strada dell’adozione e, per un’esigenza di generalizzazione, secondo le istituzioni questo è ciò che spinge e motiva tutti i potenziali genitori adottivi. Se avanzi altre motivazioni, sei in fase di negazione. Se non sembri abbastanza disperato o abbastanza sterile, sei fuori schema e perciò decisamente sospetto e poco idoneo a diventare un genitore adottivo. Allo stesso tempo, poiché tutto va fatto esclusivamente per il bene del BAMBINO, è necessario affrontare e superare il desiderio egoistico di avere un figlio e rifugiarsi quindi in una comoda schizofrenia o in un tragicomico gioco di mezze verità. Le istituzioni, per definizione, sono stupide. Seduto in cerchio in una stanza ostile con molte altre coppie al loro primo corso di formazione all’adozione, ho visto persone che avevano passato degli anni molto difficili alla ricerca di un figlio e pur non condividendone le motivazioni e non comprendendone del tutto l’accanimento, ho provato per loro un grande rispetto e un sentimento di umana solidarietà. Seduto in cerchio con loro, ho sentito psicologi ed assistenti sociali definirli "handicappati" per la loro incapacità di generare prole, costringerli ad esporre il proprio dolore più profondo di fronte a dei perfetti sconosciuti, paventare loro tutte le reali e gigantesche difficoltà che li avrebbero attesi lungo il percorso adottivo e forzarli innaturalmente a fingere di sopprimere quella voglia di un pupazzolo da coccolare che era stata la loro principale molla ad alzarsi dal letto per un numero troppo lungo di giorni. Gli altri, chiunque altro non avesse vissuto con sufficiente dolore lo stesso tipo di dramma, veniva comunque messo in discussione e costretto ad una sorta di clandestinità. Tutto questo dura circa una giornata, si svolge di solito in uno scantinato maleodorante con strumenti di tortura appesi alle pareti ed è un passaggio obbligato per ricevere il primo timbrino di idoneità all’adozione ma ehi, ve l’ho già detto che è gratis?

Questo è solo il primo corso, che serve probabilmente a mandare a casa quelli che pensano che l’adozione sia tutta frizzi e lazzi o, come succede in quei film americani, un’auto di lusso che parcheggia nel cortile di un grande orfanotrofio. Non ci sono auto di lusso, coppie eleganti che passano in rassegna gli orfanelli e scelgono il più sorridente, ma solo un’infinità di corsi molto nojosi, un esercito di psicologi, una carriolata di documenti da produrre, firmare ed autenticare e tanta bile da ingoiare. Alla fine, però, nel nostro caso c’era Bustina, in mille altri casi mille altri bambini che prima stavano in posti infinitamente peggiori, per cui forse vale la pena prendere in mano quel telefono e proseguire.

[continua]

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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