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2018

Cosa è veramente successo il 6 gennaio 1995

Qualche giorno fa ho avuto un momento di smarrimento: ho improvvisamente realizzato di non ricordare più cosa fosse successo il 6 gennaio 1995. Non che io ricordassi cosa fosse successo il giorno dopo, o il giorno prima, ma il 6 gennaio 1995 per me aveva sempre avuto un significato particolare.
Per molto tempo so di aver accarezzato il ricordo di quel giorno - anzi, di quella sera - attribuendogli probabilmente anche un eccesso di importanza; scoprire di averlo perso mi ha fatto sentire a disagio, come se mi fosse improvvisamente tornato in mente un vecchio parente a cui ero stato affezionato e che da troppo tempo avevo dimenticato. Anche il dubbio che le mie famigerate capacità mentali stiano cominciando ad abbandonarmi, peraltro, non è stato piacevole.

Stretti tra norme di bilancio sempre più iperliberiste e leggi elettorali machiavelliche, ci stiamo lentamente facendo trascinare verso le elezioni politiche meno appassionanti di sempre. Chiunque vincerà, avrà perso. E chiunque perderà dichiarerà comunque di aver vinto, come da tradizione. I partiti, o meglio, i loro capibastone da quattro soldi, fanno a gara ad elargire promesse che non potranno mantenere, mentre i picchiatori fascisti si mettono la cravatta pronti ad approdare in parlamento. Come se fosse la prima volta, poi. Ancora una volta sono combattuto tra andare a votare una cosa qualsiasi purché vagamente di sinistra, tanto per avere la coscienza a posto, o chiamarmi fuori da questo patetico gioco della crocetta sulla schedina per un mondo migliore.

Il 6 gennaio del ’95, faceva freddo. Quell’anno così importante per me era appena cominciato, ed io decisi di andarmene al club con l’amico Alex, futuro stimato spingitore di droghe e molto altro. Il club era un posto angosciante dove si andava a giocare roba innocua con uomini più grandi affetti da una sindrome di Peter Pan già patologica. Giochi in scatola, giochi di ruolo, qualsiasi forma la sfiga avesse scelto per cristallizzarsi in quel momento. Noi diciassettenni eravamo tra i più piccoli, la serata era moscia e gli uomini più grandi si erano appena inventati la regola che i minorenni non potevano frequentare il club la sera. Io ed Alex iniziavamo ad avvertire il sentore che da un momento all’altro qualcuno si sarebbe improvvisato questurino e ci avrebbe chiesto la carta d’identità, per il gusto destrorso di sbattere fuori qualcuno. Essere cacciati persino da quel covo di sociopatici avrebbe rappresentato un’umiliazione troppo forte per me, perciò preferii giocare d’anticipo e convinsi l’amico ad andarcene in centro a bere. Faceva molto freddo, non avremmo voluto uscire, ma bere, di bere a quel tempo avevamo sempre voglia.

Zio dice di votare Potere al Popolo, se non altro per salvare la faccia consapevoli di non aver ottenuto un cazzo. Quanto è buono, Potere al Popolo. Giusto un po’ presenzialisti, vanno ai dibattiti in tivù con Casabau e si dice abbiano fatto stampare le spillette e gli shopper ancora prima di scrivere il programma, ma di questi tempi, Signora Mia, va’ a cercare il pelo nell’uovo. Ci sono loro o quel partito dove c’è D’Alema e lo so che non riuscirei mai a votare un partito dove c’è Minimo D’Alema, neppure se si chiamasse Liberi e Uguali per l’Abolizione della Proprietà Privata dei Mezzi di Produzione Now. Quindi, al momento la linea Zio è quella vincente.

Ricordo in che bar andammo, o volevamo andare, ma poi stavamo camminando quindi per qualche motivo volevamo spostarci, andare da un’altra parte a bere qualcos’altro. Ho ricostruito i passaggi salienti, ma è tutto ancora avvolto nella nebbia. Era ancora presto, incrociammo qualcuno che lui conosceva ed io no. Ragazze, probabilmente. Ci invitarono ad una riunione di un collettivo comunista e noi reagimmo con tutto l’entusiasmo che l’impegno politico, l’alcol e gli ormoni potevano alimentare. Un collettivo comunista nel Triste Borgo Natio, che scoperta eccezionale, che opportunità di crescita politica. Chiaramente le abbiamo seguite, cos’altro avevamo da fare, in fondo.

Una delle cose che mi fanno più rabbia di Casabau, a parte il loro essere fascisti, sparare alla gente ed essere sommamente disgustosi, è la loro appropriazione politica della tartaruga. Lenta, saggia e simpatica, la tartaruga come animale è sempre stato di sinistra. Io amavo le tartarughe, ed un paio di anni fa sono stato a due birre dal farmi tatuare una tartaruga fa qualche parte. Ora per colpa di Casabau mi stanno sul cazzo pure le tartarughe. Non potevate prendervi uno di quegli animali fascisti come l’aquila, il lupo, il ratto?
Per riscuotere e liberare la tartaruga da questa odiosa campagna di diffamazione, ho inviato a vari produttori il soggetto di un film impegnato dal titolo T.M.A.T., la storia di un gruppo di tartarughe anarchiche militanti che combattono le tartarughe fasciste nelle fogne di Roma. Vi terrò aggiornati.


La serata del 6 gennaio del ’95 era iniziata come mille altre prima e finita come mille altre dopo. Uno di quei giorni, non ne capitano poi molti, in cui un piccolo ingranaggio si è messo in moto per causare cambiamenti molto più grandi a mesi, anni di distanza. Un milione di sigarette, bicchieri di vino, discussioni e a cascata incontri, scoperte, passioni, scontri. Vita as usual. I ricordi, si sa, sbiadiscono, i dettagli si perdono, ma le cicatrici e le rughe restano a ricordarci per dove siamo passati. Magari non era neppure il 6 gennaio, poi, che differenza vuoi che faccia.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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