15/11
2007

L’ultimo stadio

Uno scambio di insulti tra tifosi, un poliziotto che spara, un tizio che muore, guerriglia urbana, assalti alle caserme di polizia, promesse di vendetta, arresti, inchieste... Cosa non si deve fare per distrarre il pubblico dalla finanziaria, eh?

Eppure, sarebbe così semplice. Mettano al gabbio prima di tutto lo sbirro pistolero, perché è giusto e per far finta che non basti indossare una divisa per avere l’impunità. Poi passino a smantellare tutte le tifoserie estreme delle squadre di calcio, i cosiddetti ultrà, che rappresenteranno anche l’anima più vera ed autentica di quel meraviglioso gioco che è il calcio, ma sono soprattutto terreno di coltura e spazio di aggregazione di gruppi violenti ed antisociali di matrice principalmente neofascista e con finalità decisamente extra-sportive. Come gli ultrà della Lazio, per esempio, che guarda caso sono quelli che hanno fatto partire gli scontri di domenica scorsa. O dobbiamo continuare a far finta di niente? Se lo so io che di calcio non ne capisco una fava e non lo seguo da un bel po’, suppongo lo sappiano anche i pulotti. Dicono che gli ultrà siano esasperati dalle misure antiviolenza, che li terrebbero lontani dagli stadi. Poveri tesori! Costretti a ciondolare tutta la domenica al bar a guardare la partita in tv invece che assembrarsi ubriachi sugli spalti a sventolare svastiche e bere birra. Per quanto mi riguarda, si potrebbe benissimo esprimere solidarietà con il loro cordoglio sospendendo il campionato di calcio fino a quando anche l’ultimo di loro sarà morto con la bava alla bocca per la crisi d’astinenza, ma sospetto sia rimasta ancora qualche decina di tifosi onesti ed in buona fede che non hanno e non vogliono avere nulla a che fare con i picchiatori di cui sopra. Va bene, facciamo allora finta che in campo non ci siano una ventina di miliardari analfabeti coi legamenti delicati, ma bravi maschioni in pantalocini che corrono dietro ad un pallone con impegno e passione per far vincere la propria squadra. Facciamo finta che le partite non siano combinate da sponsor, tv e manager, che tutti quei muscoli siano spontaneamente cresciuti nel giro di un’estate e la moglie dell’arbitro una santa donna che passa la domenica a fare l’uncinetto. Facciamo pure finta che tutto quello che succede sul campo vada bene, dato che in fin dei conti sono fatti che riguardano solo il pubblico pagante, ma smettiamola di tollerare tutti quei decerebrati che usano il calcio come scusa per la propria violenza organizzata. In un paese dove ad ogni episodio di violenza si generalizza sempre facendo di ogni erba un fascio, per cui i colpevoli sono di volta in volta "gli anarchici", "gli albanesi", "i musulmani", "i rumeni", si fanno mille distinguo per non ammettere che già da anni gli stadi sono diventati serbatoi di picchiatori per i movimenti neonazisti. In un paese dove non ci si scompone più di tanto neanche per difendere i propri diritti fondamentali, si sopporta pazientemente che una domenica sì e una no vengano messe a ferro e fuoco le città perché una squadra di calcio ha perso o quell’altra è stata retrocessa. Persino in un paese che ha fatto del comune senso dell’illegalità la propria bandiera, a nessun altro tipo di gruppo sociale (partito, associazione sindacale, religiosa, ecc.) è consentita tanta vergognosa impunità.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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