17/2
2012

Ogni fortezza è prigione

In Kenya, in Brasile, nelle grandi città dove esiste una gigantesca disparità di reddito, le case dei ricchi sono generalmente protette da mura molto alte sormontate da filo spinato, ai cui cancelli non posso mancare guardie armate. Non parlo di cattivi alla James Bond, terroristi o trafficanti, ma di avvocati, architetti, manager, ricchi per così dire onesti e normali. Sono costretti a vivere barricati perché altrimenti i poveri di quelle città, che sono molti più di loro e molto affamati, prenderebbero d’assalto le loro ville e le deprederebbero.

L’Europa, l’Occidente, ripropongono questo fenomeno su scala mondiale, costruendo mura sempre più alte e sempre più pesantemente sorvegliate per tenere a distanza la povertà degli altri ed al sicuro la propria ricchezza. I governi pattugliano le coste, le banche erigono sbarramenti di vincoli macroeconomici ed impongono requisiti taglienti che fanno alla carne viva molto più male del filo spinato. E queste mura, mattone dopo mattone, si stringono sempre di più attorno ai loro protetti. Lasciano fuori sempre più gente.

Gli ultimi ad essere stati scacciati da questa lussuosa fortezza sono i greci, che disperatamente cercano di restare aggrappati alle porte che si chiudono anche a costo di sacrificare brandelli della propria società, a costo di rimanervi schiacciati. Mi chiedo se tutto questo sia giusto, mi rispondo di no, ma probabilmente è una domanda futile. In fondo noi siamo ancora dentro le mura, chiediamoci piuttosto per quanto. La moltitudine fuori è sempre più vasta, sempre più affamata. Alcuni bussano educatamente chiedendo di entrare, altri stan già caricando i cannoni di polvere da sparo. I privilegiati asserragliati all’interno aggiungono altre file di mattoni alle mura, si stringono nelle proprie granitiche sicurezze e in farneticanti preghiere, a volte litigano tra loro, lo spazio ed i viveri diminuiscono e si chiedono chi sarà il prossimo a dover uscire. Cominciano a sentirsi assediati.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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