8/5
2009

Solo nostrum

Secondo il ministro Maroni, il fatto di aver rispedito in Libia un paio di centinaia di clandestini prima ancora che riuscissero a sbarcare in italia è un risultato storico. Grazie a questo nuovo modello di "contrasto in mare", infatti, poniamo fine al rimpallo di responsabilità tra noi, Malta e la madonna di lourdes, risparmiamo un sacco di posto nei nostri centri di permanenza eterna e ci evitiamo persino il fastidio di doverli identificare e valutare eventuali richieste di asilo politico. Certo, la Libia ci fa pagare il servizio piuttosto salato, ma il Bifidus Nanus non bada a spese quando si tratta di mettere al sicuro i propri voti cittadini e non sta certo a fare lo schizzinoso riguardo i metodi di accoglienza e stoccaggio messi in atto dall’amico Gheddafi.

(Gheddafi, proprio quello dell’86, non è un omonimo.)

Insomma, non possiamo mica accoglierli tutti noi, ’sti barboni abbronzati. C’è la crisi, si fa fatica ad arrivare alla fine del mese, un sacco di gente è in cassintegrazione, già non c’è abbastanza lavoro per gli italiani, già c’è troppa delinquenza in giro. Ma ’sti disgraziati non li vedono i telegiornali? Dovremmo spendere soldi pubblici (i nostri soldi) per accoglierli, sfamarli, pulirli, vestirli, dargli un tetto sopra la testa e magargli anche trovargli un lavoro per evitare che si mettano a spacciare droga ai nostri figli o a violentare le nostre donne? Non scherziamo, che la vita è dura per tutti. Ora, grazie al ministro Maroni, finalmente la capiranno che in italia non c’è posto per loro, che non è il caso neanche di partire, e chissà che passino parola. Ammesso naturalmente che riescano a sopravvivere per la seconda volta al tenero abbraccio della polizia libica, a riattraversare il deserto e a tornare nei paesi del terzo o quarto mondo da cui provengono, e a cavarsela tra guerre, carestie e le occasionali pestilenze abbastanza a lungo da passare parola. Ma si sa, la vita è dura per tutti. Davvero, non possiamo mica accoglierli tutti noi, le risorse sono limitate, e se l’alternativa è che crepino, magari dopo essere stati violentati e torturati e rapinati di ogni avere e di ogni dignità, che crepino pure lontano da qui. Perché crepano, eh, c’è questa cosa da considerare: anche se per comodità giornalistica li si continua a chiamare "clandestini", o come preferiscono i più pucci "migranti", anche se gli attacchiamo l’etichetta della nazione di provenienza, "curdiraqchenietiopisomali", anche se li contiamo a decine o a centinaia, ciascuno di quei maledetti potenziali delinquenti è un uomo o una donna, una stupida scimmia senza pelo proprio come me, come Aristotele e come ogni farabutto leghista, dorme e si sveglia, mangia e caga, ama, odia, sogna, ha desideri e paure, fa figli, seppellisce genitori, se lo feriscono sanguina, se gli fanno il solletico ride, da qualche parte è nato e da qualche morirà, magari in mare mentre cerca di raggiungere quello che crede un posto migliore, magari in libia dove lo hanno ricacciato. Ma naturalmente ciascuno di noi crepa, vero? La vita è dura per tutti, per chi è rimasto disoccupato e per chi è stato seviziato dalla polizia, per chi ha problemi a saldare il mutuo e per chi non ha mai avuto una casa, per chi non arriva a pagare la rata dell’auto nuova e per chi non arriva neppure a toccare Lampedusa.
Siamo tutti sulla stessa barca. Se alcuni tornano in libia, ci torniamo tutti.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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