16/4
2014

L’uomo senza senno

Queste notti di luna piena stanno interferendo con il mio ciclo insonnia-veglia. Mi sveglio, vedo la luce filtrare dalle imposte, credo sia l’alba e mi preparo a trasformarmi in un membro produttivo della società occidentale. È l’una di notte. Per le sette sono un vegetale. Non stupitevi se la società collassa, comincio già a vedere Tyler Durden con la coda dell’occhio.

Potrei fare appello alla famosa intelligenza collettiva della rete per suggerimenti su come dormire meglio, ma so che ne ricaverei solo un lungo elenco di nomi commerciali delle vecchie benzodiaze. Aiutatemi piuttosto a risolvere un problema completamente diverso: negli ultimi mesi ho avuto poco tempo e passione per ascoltare musica nuova, non so neanche cosa sia uscito, e vorrei colmare questa mia lacuna perché la roba che ascolto ormai è un po’ muffosa. Accetto qualsiasi consiglio da chiunque, compresi anonimi e musicisti in incognito, prometto almeno un ascolto a tutto ed una ricompensa simbolica al primo classificato.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




9/4
2014

La verità è che non mi piacete abbastanza

Ultimamente scrivo poco di politica. Scrivo poco e basta, a dire il vero, o scrivo molto, a seconda del periodo di riferimento con cui mi confronto. Ma in ogni caso, poco di politica. Forse perché la politica italiana è diventata grottesca, ed il grottesco non è proprio il mio genere. Preferisco, chessò, le saghe epiche: Berlusconi era un cattivo da saga epica*, aveva un esercito di psicopatici disposti a tutto, risorse economiche inesauribili ed una passione smodata per tutto ciò che era malvagio ed ingiusto. Per non parlare del vulcano in giardino! Renzi è solo lo spinoff di uno sceneggiatore a corto di idee. Non mi interessa neanche, Renzi, potrebbe trasformare il Paese in una dittatura Renzocratica e rende obbligatorio battezzare “Matteo” tutti i primogeniti maschi e continuerebbe a lasciarmi indifferente.

A Dicembre è morto il Dottor Menzio, da allora promosso idealmente Dottor Fu Menziù. Era un gatto, certo, ma il dolore provocatomi dalla perdita di quell’ottuso mammifero così palesemente arretrato sulla scala evolutiva è stato molto più forte e duraturo di quel che potevo immaginare. E’ stato il cuore, una malattia gattesca di cui ho già dimenticato il nome, dopo avermi costretto a curarlo con pastiglie e mezze pastiglie e quarti di pastiglia tutti i giorni, per mesi. La malattia ci unisce, la malattia ci seppellisce. Con lui è scomparso un universo intero.

Prendiamo anche Ratzinger, ad esempio. Un gigante. Quando si affacciava a Piazza San Pietro, aveva uno sguardo che faceva incenerire i gerani sui balconi di Montesacro, faceva convertire al cattolicesimo i punk emiliani. Ratzinger era un uomo che deteneva palesemente le chiavi del regno dei cieli, e le usava per sgozzare gli agnelli nei riti satanici. Resosi conto di vivere in un’epoca troppo rammollita per lui, il povero rottweiler d’Iddio ha ceduto il posto a quel teletubbie di Papa Francé, con i suoi buonasera e le telefonate ai moribondi ed il sorrisino buono da nonno rincoglionito. Ed io dovrei scrivere di Papa Francé? Le mie penne sono intinte nell’odio, non sono adatte alla farsa melensa del prete buono che vuole bene ai poveri e riconcilia l’occidente disincantato con la Chiesa cattolica, altrimenti scriverei sceneggiature per la Rai.

Da qualche mese frequento un corso di medicina tradizionale cinese, pur non essendo io né medico, né tradizionalista, né cinese. L’idea ovviamente è quella di mettermi a praticare la stregoneria sulla gente ed arricchirmi, o almeno impoverire gli altri fino a portarli al mio livello. D’altra parte non è che io sia neanche particolarmente convinto dei fondamenti teorici della medicina tradizionale cinese. Non lo sono neanche dei fondamenti della medicina scientifica occidentale, del resto. Virus, microbi, meridiani, punti shu, cistifellea… Fondamentalmente non credo più a niente di invisibile, solo agli effetti che l’invisibile produce.

Anche nella lega c’è stato un passaggio di testimone, travolto dall’età e dallo scandalo di non avere più nessuna scusa per non fare quello che da anni prometteva di fare, Bossi ha abdicato in favore di Salvini. Io non parlerò male di Salvini perché altrimenti dovrei ammettere che Darwin ha fallito, però a livello di statura politica non c’è paragone. Bossi si infuriava, s’infervoriva, brandiva metaforica fucili e guidava le sue metaforiche armate a spezzare la schiena a magistrati poliomelitici, Salvini non sa neanche pulirsi il culo senza far cadere lo spazzolino da denti. Certo le sparate da Quarto Reich le fa anche lui ma non ci crede, si vede che non ci crede, lo fa solo per lo spettacolo ma a questo punto anche tutto il razzismo e l’antieuropeismo ed i deliri secessionisti sanno un po’ di manierismo, di minestra riscaldata per i quattro allocchi che ancora ci vogliono credere per forza, nostalgici affezionati a quei loro miti anni Ottanta ed incapaci di adattarsi a vivere nel mondo reale, come i fan di Vasco Rossi.

Ecco, niente, alla fine mi avete fatto parlare di politica. Avevo iniziato a scrivere pensando a tutt’altro, ma fate sempre così, voi. Voci nella mia testa, profumi lontani. Scrivo per voi, per voi suono la cetra sulle rovine fumanti.

* Nella saga epica che proietto nella mia testa amo credere che Berlusconi sia morto tre anni fa, trafitto da una sentenza avvelenata scoccata a tradimento da Napolitano. La realtà, sempre più squallida, tende a smentirmi.




1/4
2014

Odissea marsicana

Domenica, un signore di mezz’età apre il cancello della cappella di famiglia nel cimitero di Magliano De’ Marsi, nelle campagne, saluta rispettosamente i parenti ed estrae dalla custodia un violino. Con il sole del mattino in faccia, dando le spalle ai suoi, suona rivolto al viale ordinato su cui si affacciano una di seguito all’altra le ultime abitazioni delle famiglie del paese. Non benissimo, forse. Le note si spandono tra le lapidi, accarezzano i visitatori di quel luogo silenzioso suscitando curiosità ed una misteriosa commozione. Non c’è mercimonio, in questo gesto pubblico e solitario, non c’è ambizione, solo la ricerca di un’ora di quiete personale in quel villaggio della quiete eterna. Lo ascolto quasi con le lacrime agli occhi, allontanandomi, senza motivo.

Ogni volta che parto per un viaggio, pur breve come questo, parto con l’eccitazione del vagabondo e con l’ignobile resistenza di chi deve comunque vincere l’attrito di un divano che odia. Sentimenti contrastanti. Ogni volta che torno, torno con la consapevolezza un po’ naif di essere più ricco in emozioni, conoscenze, salsicce secche in valigia e con il tragico dubbio di aver invece solo accumulato altre nozioni da wikipedia, senza che l’esperienza riesca poi a cambiarmi davvero. Tutto quello che ho visto in questi pochi giorni a zonzo per gli Appennini e la Marsica mi è sembrato meraviglioso e degno di essere vissuto: generose matrone, santuari gelati, arabeschi di marmo e di sentimenti, vecchie storie di famiglia, case restaurate o diroccate, paesini abbarbicati sulle colline come fuori dal tempo, macellai rancorosi, anziani sepolti in famiglia tornare brevemente alla vita. La modernità sembra priva di senso, al confronto, con i suoi telefonini scarichi e serie tv e lavori alienanti.

Se un giorno morirò seppellitemi però piuttosto al cimitero di Torano. E’ pieno di tombe selvagge ed inquiete, cresciute sregolatamente l’una sull’altra, tra cui la mia carcassa confusa potrebbe anche trovarsi a proprio agio.




26/3
2014

Senza passaporto

Alla faccia dei venetisti veri e presunti, domani me ne parto per un breve giro a zonzo per l’Italia centrale, in posti che per la maggior parte non ho mai visto. Sono quattro giorni appena, ma chissà non bastino a resettare l’orologio della melatonina, sicuramente a distrarmi dalla monotonia del bunker e a mangiare cosine buone e sconosciute. Vi penserò mentre sarò al pascolo nelle verdi piane d’Abbruzzo, o più probabilmente incolonnato su qualche autostrada sotto il temporale. Se non torno per lunedì, mandate gli arditi del popolo a cercarmi.




25/3
2014

Mai sottovalutare le conseguenze dell’insonnia

In questo periodo soffro di insonnia. Non mi capita spesso. Resto a letto, gli occhi socchiusi, mi giro e mi rigiro alla ricerca di una posizione comoda, attendo l’alba, mi spazientisco e guardo la sveglia. 3.17.

Ricordo solo un periodo in cui faticavo a dormire, una decina d’anni fa. Ero molto triste, mi trascinavo al lavoro per abitudine e passavo le serate sul divano a fumare sigarette, bere tequila e contemplare il soffitto. Detto così sembra quasi epico, invece faceva schifo. Galleggiavo in una melassa nera, e nulla mi interessava. Questa breve esperienza mi ha fatto scoprire alcune cose su me stesso che ignoravo. Si può sopravvivere per mesi mangiando solo tarallini e pecorino brigante. Si può sopravvivere senza dormire. Si può sopravvivere anche controvoglia, per abitudine. E poi si può uscire, ricominciare a vivere, mangiare, dormire, senza dover rendere grazie a nessuno. Si perde qualcosa nel processo, parti di se stessi e di altri, persone intere, universi. Si guadagna qualcosa. Ci si scava una via d’uscita dentro, con un coltello.

Mai sottovalutare le conseguenze dei propri demoni.

Sono ormai undici anni che ho messo in linea il bloggo. Tutto era più semplice, allora, Internet era una prateria su cui le aziende facevano appena capolino e noi scorrevamo come indiani al galoppo, felici della libertà concessa. Poi sono arrivati i capitalisti. Oggi siamo tutti nelle riserve, ammansiti, a lanciare le nostre feroci urla di guerra contro gli steccati che ci proteggono. Pensavamo di poterci mostrare senza maschere, dietro sgargianti anonimati, pensavamo di essere protetti dalla nostra stessa umanità. Eravamo pionieri, siamo stati i primi a sbagliare. Chi è arrivato dopo l’ha capito prima, che anche qui la realtà andava protetta da filtri, che ci si può far male. Vedo giovani più vecchi di me.

Mai sottovalutare le conseguenze del progresso.

Mi alzo, scendo le scale, bevo camomilla. Pratico Taiji, pratico Qi Gong, bevo melissa e miele, olio essenziale di arancio amaro. Leggo pagine di un libro nojoso. Mi rilasso. Torno a letto. Non dormo, sereno. Conto le pecore. Milioni di pecore. Ogni volta che perdo il conto rimando tutte le pecore fuori dal recinto e le faccio rientrare ad una ad una. Tutte le pecore del mondo non bastano a farmi dormire.

Lascio giocare la mente con vecchie storie, gomitoli lisi, ricordi di ricordi. Sarebbe bello, da persone diverse, sedersi al sole o al tavolino del Cafe Tranquilidad e ragionare serenamente sul passato, gli errori perdonati e le stragi impunite. Non si giungerebbe certo alla verità, ci si scambierebbe soltanto qualche pezzetto di specchio per conoscerci meglio. Gli esseri umani, purtroppo, non funzionano così. Gli amici traditi e i traditori, le persone scomparse o abbandonate per pigrizia o mutuo disinteresse, per troppo amore e follia, per morte o destino. Non basta una vita a cancellare gli sbagli, le emozioni, il rancore, il senso di colpa e l’affetto, le bugie dette a fin di bene o per pararsi il culo, il dolore del gioco, il silenzio che si spande appena ci si volta le spalle. Questo sperimentare per una volta frammenti di verità non cambierebbe nulla, del resto, solo uno sguardo su strade che non potevamo o volevamo percorrere, piene di rovi alle nostre spalle. L’infantile desiderio di voler provare tutto, di poter fare a meno di scegliere per non dover rinunciare a nulla.

Mai sottovalutare le conseguenze dei propri errori.

Oggi è tutto diverso, mi interesso di tutto, mi innamoro di tutto. Corro dietro ai cani. Ho smesso di fumare, questo è l’unico passato che rimpiango un poco, le sigarette mi facevano compagnia. Per il resto, errori vecchi e nuovi arricchiscono la mia vita. Che battaglie stavo combattendo, quali stavi combattendo tu, chi si è bevuto tutta l’acqua sotto i ponti, dietro quale risata ti nascondi. Non mi mancano i capelli perduti e mi sono meritato ogni singolo pelo bianco della barba. Sono più felice, senza essere soddisfatto, ho grandi progetti, enormi paure, mi annoio di rado, questo è l’unico passato che rimpiango un poco. Sono cambiato, magari in peggio. La saggezza è una meta ben lontana, per noi cialtroni di periferia, l’armonia è difficile da raggiungere, per noi nati sotto il segno del punk. Ma come dice sempre il mio agopuntore preferito, rancore e rabbia non pagano. Avrei voluto vendicarmi, talvolta, di chi mi ha fatto male, ma la vita è già fin troppo dolorosa. Avrei voluto ripagare meglio chi mi ha fatto bene, ma la vita a volte è più avara di me. La nostra civiltà sta naufragando, dovremmo ritrovarci tra spiriti affini. Dovremmo scrivere.

Mai sottovalutare le conseguenze dell’insonnia.




24/3
2014

La memoria è una terra di nessuno

Camminavo per le strade di Trento quel 24 Marzo 1999, quando il mondo ha dichiarato guerra alla Serbia colpevole di avere un criminale al potere, uno dei tanti, di aver la faccia da colpevole, di essere stata nominata capro espiatorio per la coscienza sporca delle nazioni occidentali, all’epoca ancora lanciate verso un futuro radioso e prospero. Camminavo per le strade di Trento e non capivo, non conoscevo, ne discutevo molto con i compagni e cercavo futilmente di venirne a capo. Cosa stava succedendo, là in fondo ai Balcani?
Ero giovane, ingenuo e disinformato, ma non al punto da credere al telegiornale, mentre persone più sveglie di me aprivano squarci di verità sulle immagini dolorosamente compiaciute della televisione, bucavano le foto dei profughi senza nome sulle riviste patinate. Il ripugnante cinismo di D’Alema, l’opportunismo del centrosinistro al governo, mi davano il voltastomaco. Tutti dicevano che era necessario, l’unico modo per fermare l’hitler serbo. Non capivo. I presidenti democratici di tutto il mondo concordavano, era poi necessario spostare l’attenzione del gregge da quanto avveniva sotto le scrivanie presidenziali. Sono passati quindici anni. Sono ancora ingenuo e disinformato, ma meno giovane. Ho sentito le stesse storie ripetute decine di volte, in decine di contesti diversi. Le stesse messinscene, la stessa costruzione di una verità, di un nemico funzionale al potere costituito. Se il presente spesso mi sfugge, del passato qualcosa ho capito, irrazionalmente, a pelle, senza prove per i tribunali borghesi e democratici che comunque non giudicano i vincitori. Sono diventato allergico alle stronzate. Le bugie, le bombe su Belgrado, i caccia italiani in volo, il treno passeggeri, la manipolazione delle notizie, il mio stesso silenzio complice, i morti ed i feriti e le conseguenze del tutto ignorate, io non li ho mai perdonati. Le cicatrici si sbiadiscono ma non si cancellano, persistono nella nostra memoria, si dimezzano lentamente come l’uranio impoverito con cui abbiamo concimato i campi dei balcani.




13/3
2014

God’s in his Heaven, all’s right with the world!

Prima di twitter, facebook e tutte le meravigliose minchiatine che ci sono adesso, c’erano i blog. Come questo. Prima dei blog, c’erano dei siti monotematici con orribili contrasti di colore, immagini ottimizzate per i 56K e gif animate come pulsanti. Prima c’erano i dinosauri o gli angeli o roba del genere. Io ho cominciato a giocare sull’internet appena dopo i dinosauri, proprio da uno di quei cosi lì, un sito dedicato interamente ad un geniale cartone animato giapponese: Neon Genesis Evangelion. Oh, Gisù. Io seguivo la parte tecnica perché volevo imparare l’html e far diventare daltonica la gente, mentre l’amico Nello scriveva deliranti articoli di approfondita analisi psicologica. Non so se sto rendendo abbastanza bene l’entità del dramma. Ho molte giustificazioni per questa cosa: l’età, le torri gemelle, la noia, la droga, Rei Ayanami. Per fortuna è tutto morto e sepolto da tempo, sprofondato nell’oblio della rete insieme ad una qualche piattaforma gratuita e ad un indirizzo e-mail scaduto.

Sprofondato nell’oblio più nero.

Là dove solo Nello poteva ricordarlo, dove solo lui poteva chiedermi di andarlo a riesumare, per "nostalgismo".

Nostalgismo. Assaporatene per un attimo il suono tra i denti.

Vedete che la gente in fondo in fondo non cambia? Io sempre per "nostalgismo" ho frugato tra i miei dischi di backup del duemiladdue ed ho ripescato tutti i file del vecchio sito, articoli deliranti, gif animate e font fucsia compresi. Ho fatto di più di ripescarli: li ho rimessi online, senza modificare un solo pixel sbavato. "Waiting for Second Impact" è tornato. Il duemiladdue è tornato. Gli angeli sono tornati.




11/2
2014

Bosnia, una protesta fa primavera?

Da qualche giorno anche la Bosnia si è unita al folto numero di stati in cui è attualmente in corso un conflitto sociale, stoicamente messi sotto silenzio dai mezzi di comunicazione italiani troppo impegnati ad occuparsi di alleanze politiche, marò, truculenti episodi di cronaca nera. Uso quindi il modesto strumento di questo bloggo di campagna per attirare la vostra attenzione su quanto sta succedendo nel Paese balcanico.
La protesta è iniziata a Tuzla, una città industriale della Bosnia nord-occidentale a maggioranza musulmana, a causa della crisi economica che ha colpito in particolare i dipendenti di cinque grosse industrie recentemente privatizzate. Le manifestazioni hanno portato a scontri con la polizia ed all’incendio della sede del governo cantonale che amministra la provincia. Da lì, il giorno successivo le proteste si sono diffuse anche nella capitale Sarajevo, a Mostar, Zenica ed in altri centri minori, assumendo caratteristiche anche violente: sassaiole contro la polizia, incendio di auto e palazzi del governo, numerosi feriti. I manifestanti puntano a rivendicazioni piuttosto generiche: le dimissioni della classe politica, più posti di lavoro... Nei contesti specifici sono stati presentate delle richieste più dettagliate, ad esempio a Tuzla dove si esige il pagamento degli stipendi arretrati e dei contributi oltre all’annullamento delle privatizzazioni. D’altra parte, pressoché tutte le forze politiche sono unite nel condannare le violenze ma anche nel "condividere" le ragioni dei manifestanti, ovviamente sottraendosi alle proprie responsabilità nella gestione politica dello stato bosniaco.
Le proteste sono proseguite, seppur in modo più pacifico, anche nei giorni successivi, meritandosi l’abusato slogan di "Bosnian Spring". Manifestazioni di solidarietà,a dire il vero piuttosto sparute, si sono svolte anche a Banjia Luka, Belgrado e Lubiana, altre sono annunciate per i prossimi giorni a Zagreb e in Montenegro. Secondo molti è proprio questa la caratteristica più importante del conflitto in corso: le manifestazioni avrebbero un carattere trans-etnico, i bosniaci avrebbero finalmente compreso quanto la loro classe politica, compresi i fondamentalisti islamici, si sia fatta scudo del nazionalismo, del ricordo dei conflitti bellici e delle rivalità etniche per derubarli e mantenersi al potere. Questa è la posizione per esempio del filosofo e giornalista sloveno Slavoj Žižek, ma anche di molti altri che hanno dato grande enfasi alle manifestazioni in Serbia e ad un presunto sentimento di Yugo-nostalgia che animerebbe molti manifestanti.
Altri, al contrario, sostengono che le proteste sarebbero state aizzate proprio dai politici bosniaci per arrivare all’eliminazione dei cantoni ed alla centralizzazione dello stato bosniaco, ovviamente a sfavore di croati e serbi che costituiscono minoranze importanti e che attualmente godono in alcune regioni di una buona autonomia. Banalmente, si potrebbe dire che non è tutto oro quello che luccica e che troppe volte ci siamo fatti illusioni su "rivoluzioni" che si sono poi rivelate spietate manipolazioni. Nel caso balcanico, viste le ferite non ancora rimarginate della guerra di vent’anni fa, tutto può ancora succedere. Non si vede al momento un’ideologia o una finalità ultima condivisa che possa costituire una trama comune, la rabbia delle masse può essere strumentalizzata così come può portare a grandi cambiamenti nell’intera regione o anche disintegrarsi in interessi particolaristici e degenerare in lotta fratricida. O annacquarsi in una bottiglia di rakija, chi lo sa. I balcani sono un grande laboratorio sociale in cui spesso si è giocato sporco, da parte della Nato, dell’Unione Europea e pure di Al Qaeda, ma è anche un calderone in cui si agitano grandi passioni e popoli eccezionali. La confusione è grande e la situazione magari non è eccellente come alcuni vogliono credere, ma sicuramente merita tutto il nostro interesse.




9/2
2014

Sputacchi di riflessione

Gli ultimi mesi sono stati piuttosto saturi, sia per quanto riguarda il lavoro al bunker che per il restante tempo di vita. Tutto ciò è scocciante, in primo luogo perché mi lascia poco tempo per aggiornare il bloggo.
Il mondo del lavoro, senza voler entrare nello specifico del mio impiego (progetto e commercializzo mine antiuomo a forma di cucciolo morbidoso) sta diventando sempre più un sistema di sfruttamento in cui qualsiasi concetto di qualità della vita e persino i diritti acquisiti vengono accantonati in nome di una crisi perenne. Questa crisi è la nuova faccia del capitalismo globale, che nello stato di emergenza permanente trova giustificazione ad ogni intromissione nella vita politica, ad ogni riduzione dei diritti sociali e ad ogni intensificazione del processo di alienazione nelle realtà produttive. Ma sono sicuro che finirà presto, come promette ripetutamente il presidento Letta, sempre impegnato nella sua lotta a fianco della borghesia e del padronato per mantenere lo status quo. Lo status quo, da parte sua, si lascia intanto scivolare docilmente verso la barbarie, protetto solo dalla miopia italiana che guarda ai propri risibili problemi umbelicali (il prossimo uomo di paglia da sacrificare agli dei, il dito di gesso che indica una luna di cartapesta) anziché riconoscere le incarnazioni particolari di problemi globali e, presone atto, prendere le armi contro un mare di affanni.
Di tutto questo e di molto altro mi trovo spesso a parlare, affranto, con l’amico Nello tramite messaggini di facebook, superando la contraddizione specifica tra la nobiltà dell’intento e la pragmaticità dei mezzi. Questo spiega anche perché il mio linguaggio politico sia felicemente tornato al livello dei collettivi internazionalisti dei primi anni Novanta, molto più civili dei meschini luoghi di confronto di quest’epoca meschina illuminata al led.




1/11
2013

Le Dolomiti nel Paese dei Gatti

"Appena fu sorta la Luna, arrivarono sul monte sette Salvàni, che si disposero in cerchio e cominciarono a fare da ogni parte strani movimenti, come se afferrassero qualche cosa d’invisibile; le loro manine si agitavano e s’incrociavano nell’aria come le onde di un torrente in piena. Il principe osservava con meraviglia questo lavorio, e finalmente chiese ai nani che cosa stessero facendo.
- Filiamo la luce della Luna, - gli risposero.
Infatti, dopo non molto tempo, nel mezzo del cerchio formato dai nani apparve un piccolo gomitolo luminoso, che diffondeva intorno un chiarore tenute ed uguale. I nani continuarono a lavorare attivamente; un’ora passava dopo l’altra e il gomitolo cresceva, cresceva, finché prese l’aspetto di un grosso involto."

Arrivato a questo punto della lettura, mi sono interrotto di colpo. La scena mi era sinistramente familiare, avendo appena finito di leggere i primi due volumi di 1Q84 di Murakami. I Little People, intenti a filare la luce lunare fino a crearne un grosso gomitolo, una crisalide d’aria, in cerchio, in silenzio. Ma dal bozzolo, in questo racconto, non sarebbe uscito un inquietante Doppelgänger, bensì fili e fili di tessuto argenteo per ricoprire completamente le cime delle Dolomiti, così che la figlia del Re della Luna non morisse di malinconia per la sua terra natia e potesse rimanere sulla Terra accanto al principe innamorato.

Un banale plagio, un omaggio naive? Possibile, ma improbabile. Il brano che ho riportato proviene verosimilmente da un’antica leggenda ladina, pubblicata nel Novembre del 1925 dal buon Carlo Felice Wolff con il titolo "I Monti Pallidi".

Poi dicono che tutto è già stato scritto. Dicono anche l’inconscio collettivo.
Ma io dico "flusso canalizzatore".




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