16/5
2011

It’s a Mullah Shadow

Che volete che vi dica? Che è stato meglio aver giocato a scala 51 e vinto, che mettere linoleum nei vostri salotti?
Se non altro perché non sono capace di mettere il linoleum. Ad ogni modo è primavera, tempo di rinascita, tempo di ribaltare i pronostici e ribaltare berlusconi e fare a lui quello che lui faceva alle letterine. Tempo di infradito, primi bagni al mare e rinfrescanti mojito, se vivessi in un cazzo di paese tropicale invece che nella giungla vicentina. Ma a parte questo non c’è niente che non va, odio il mondo, il governo ed i telegiornali e soprattutto odio il mal di testa, la pioggia, il vento e la ventosità in generale, il lavoro, il capitalismo, il mondo (di nuovo), quelli che guidano l’audi, i ciclisti che vanno in giro appaiati o a gruppi, le tasse, il freddo, il caldo e quelli che si lamentano di tutto. Per il resto direi tutto bene, dai, specialmente perché ieri sono riuscito a fare un pranzino con PornoRambo e Cuginet’ e poi abbiamo giocato a scala 51, ambiziosa variante abbruzzese della scala 40, e siamo andati avanti per ore perché una delle regole è che devo vincere io.


(sono in un periodo che il mondo mi disgusta, ricambiato. Ma a voi no, a voi vi voglio bene.)

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




2/5
2011

Meno male che siamo il bene

Osama Bin Laden, detto "zio Bin" dai suoi 4.832 nipoti, "Garbage Bin" dai detrattori e "Signor Zio Bin" da parte dei suoi seguaci, nacque nel 1957 a Lavarone (TN), una delle molte Città Sante dell’Islam, da una famiglia molto pia, musulmanamente molto pia. E’ stato del corso della propria vita di volta in volta imprenditore, nababbo, guerrigliero, cronista di Studio Aperto, capo terrorista, capro espiatorio terrorista, palazzinaro e per otto stagioni cameraman dell’Isola dei Famosi, dimostrando quindi una spiccata propensione ai lavori di merda che nessuno vuole più fare. 

Biografia
Diciassettesimo di cinquantaquattro fratelli, durante l’infanzia ebbe poche occasioni di sentirsi solo ma questa situazione non mancava di procurargli dei disagi anche gravi, soprattutto quando tutta la famiglia andava al mare su una vecchia 128. Ben presto il giovane Bin decise di affrancarsi da quella difficile situazione ed avviò una fiorente attività economica, in associazione con la famiglia reale Saudita e Vittorio Emanuele di Savoia. Fu un periodo molto duro, in cui dall’alba al tramonto ogni momento veniva dedicato al lavoro, ogni pensiero veniva dedicato ad Allah ed ogni centesimo veniva messo da parte per comprarsi la pleistescion, ma dopo quindici giorni suo padre morì e Bin Laden, volente o nolente, dovette diventare miliardario. In questi casi la maggior parte delle persone reagisce con un lutto più o meno duraturo e sofferto seguito da una lunghiiiiiiisssima vacanza ai caraibi ma Binny, ribelle anticonformista, decise invece di farsi crescere la barba ed andare a combattere i russi sul fronte afghano. Come è capitato a molti, fu questo episodio a cambiare la sua vita. L’esperienza della guerriglia contro i comunisti gli permise di conoscere ed apprezzare la durezza della vita militare, le asperità di un ambiente ostile e l’allegra serenità donata da un attentato ben riuscito, oltre che di venire in contatto con fieri compagni di lotta come i talebani, John Rambo, Gasparri* e la CIA, quest’ultima sua principale fornitrice di armi e principi liberali. Terminata la guerra con la sconfitta dell’esercito sovietico l’esultanza di Bin Laden fu di breve durata; aveva poco più di trenta milioni di dollari, poco più di trenta mogli e poco più di trent’anni, l’età in cui uno o si compra l’ipad o decide di smetterla di gioire per le guerre degli altri e mettersi in proprio. A metà degli anni Novanta fonda la celebre griffe Al Qaeda, che esordisce firmando l’esplosione di una nave americana parcheggiata dinanzi allo Yemen. Perché? Perché gli Stati Uniti sono nemici dell’Islam e fomentatori di peccato, e perché lì ci doveva parcheggiare il suo yacht. Altri sanguinosi attentati contro obbiettivi americani lo fanno presto diventare noto in tutto il mondo, tranne che in America. Frustrato, egli decide di organizzare il più terribile attentato terroristico che abbia mai avuto luogo al di fuori di un regolamentare e civile conflitto bellico, mandando alcuni aerei a schiantarsi contro le torri gemelle americane e provocando tra le altre cose:

- migliaia di morti che non c’entravano un cazzo
- due guerre e molte altre migliaia di morti che c’entravano ancora meno, per vendetta e rappresaglia
- ulteriori attentati di rappresaglia alla rappresaglia
- and so on

Indubbiamente, da quel giorno il marchio Al Qaeda è diventato piuttosto famoso, con uffici di rappresentanza in tutto il mondo. Zio Bin decise a quel punto di ritirarsi dietro le quinte e limitarsi a dirigere il potentato del terrore che aveva creato, accarezzando persiani albini (nel senso dei gatti) e pianificando altri spassosi modi di compiacere Allah, nonostante secondo molti a discapito di quest’ultimo si possa notare come mai Maometto abbia parlato specificatamente di aeroplani, stazioni della metropolitana o bombe, limitandosi ad un generico e diversamente interpretabile "Al mio segnale scatenate l’inferno".

(scusa Allah non uccidermi)

Per molti anni è calato un impenetrabile mistero su quale fosse il rifugio segreto di questo barbuto sultano del male, lo si immaginava nascosto in una caverna in afghanistan o magari in una caverna in pakistan, alcuni addirittura si spingevano ad ipotizzare che fosse nascosto in una caverna nel caucaso o in una caverna nel bel mezzo del centro di Orlando (FL), ma nessuno sospettava fino ad oggi che egli si celasse in una sordida villetta prefabbricata alla periferia di Unabotta, poco lontano da Islamad. Sul serio, Bin, che storia è questa? Una villetta? Assieme alla moglie e ai figli...? E la caverna? E le segrete in cui torturi i tuoi nemici? E lo schermo gigante su cui spii ogni loro mossa? Ed il fossato? I coccodrilli? Il vulcano con l’occhio di Sauron fiammeggiante? Ma che razza di cattivo sei, Bin? Naturalmente Osama Bin Laden non può più rispondere a queste ed alle molte altre domande che avremmo voluto porgli, in quanto è stato recentemente sopraggiunto da un gravissimo attacco di morte. O come dicono i media occidentali, così civili e compassati nell’affrontare il mistero della morte, è stato ucciso, freddato, ammazzato, eliminato, annichilito, terminato. Non ci credete? Bene, presto il suo cadavere trapassato dai fori di proiettile verrà mostrato, esposto, analizzato e possibilmente anche smembrato e diviso in piccoli pezzettini affinché ogni americano, ogni persona che ha a cuore la libertà, la democrazia ed i valori della società occidentale possa averne un brandello sanguinolento da tenere sul comodino. Ovviamente alcuni menagramo potrebbero far notare che la premiata ditta Al Qaeda è ancora ben attiva e funzionante e che in questo momento ogni terrorista del mondo sarà lì che si scrocchia le dita e tira fuori il tritolo dal congelatore, ma perché rovinare la festa al mondo libero?

Eredità culturali
Troppe, tutte negative. Tra queste non dimentichiamo la rielezione di George W. Bush, interminabili dibattiti con Giulietto Chiesa, la monopolizzazione di uno specifico giorno del calendario, un film di Michael Moore ed almeno una decina di puntate di Voyager, ognuna delle quali sarebbe sufficiente a giustificare la sua morte se in occidente non esistesse la radicata convinzione che un criminale vada rieducato, non punito e che comunque ad un reato per quanto sanguinoso non vada risposto con la vendetta, men che mai fisica, abitudine che invece era diffusa presso i popoli primitivi ed anche adesso in culture meno evolute.




* C’è da dire che in tutti i suoi videommessaggi diffusi dopo l’Undici Settembre, Bin Laden esordiva negando di aver mai conosciuto Gasparri.




11/4
2011

Tutto ricominciò con un’estate anguàna

ATTENZIONE! Questo post contiene una marchetta spudorata ad un libro di prossima uscita, abilmente mimetizzata in paragrafi subliminali sparsi qua e là attorno al resoconto apparentemente insignificante di banali episodi di vita provinciale. Nessun cimbro è stato ferito durante la realizzazione di questa marchetta e nessun euro è stato intascato (figuratevi).

Questo fine settimana estivo di inizio Aprile l’ho trascorso prevalentemente in orto, a zappare la terra e strappare le erbacce e piantare piantine e seminare semi. Yep. Sono diventato un coltivatore diretto, proprio il lavoro che mio padre sognava per me e che io mi sono sempre ben guardato dal fare in sua presenza. Una volta ero contrario alla coltivazione dell’orto per due motivi:

1. a causa delle piogge acide e dell’inquinamento le verdure dell’orto rischiano di essere comunque poco sane;
2. è faticoso.

Devo specificare quale delle due era la motivazione prevalente? E quale delle due era accampata solamente come scusa per evitare il lavoro? Mannò, se state ancora leggendo siete senz’altro persone intelligenti. E poi cosa ne so io di dove vengono coltivate le verdure che compro al supermercato, probabilmente la camorra fa arrivare le mie zucchine direttamente da Cernobyl. E poi dicono sia fondamentale il chilometro zero, ma nel mio caso dev’essere proprio zero perché io già a chilometro uno ho un inceneritore che brucia la merda tossica di tutto il veneto, quindi scordatevi la buona polentina con il mais maranello, il mais maranello se lo fai passare sotto un contatore geiger secondo me lo puoi accompagnare solo con il sushi di Fukushima, per cui questa è la lunga storia di come mai sono tornato a coltivare l’orto. Oltre al fatto che fino a poco fa non avevo alcun orto da coltivare, ma questa è un’altra storia che a voi non interessa.

Certamente ricorderete "La Valle dell’Orco", il libro che ha segnato una generazione, quindi non è affatto necessario che io vi ricordi che si tratta di un romanzo ambientato nelle contrade montane che circondano il mio Triste Borgo Natio, che riportava in auge il tema delle origini cimbre di queste terre e che narrava di un’orrida serie di delitti conclusasi [SPOILER] con un’azione di eclatante furbizia da parte del più autolesionista dei protagonisti di romanzo. Il libro che ha cambiato per sempre la mia infanzia, anche se è uscito solo un paio d’anni fa. Rinfrescata la memoria? Bene, umettatevi i pollici e preparatevi ad un’altra escursione a Cimbrolandia, perché l’autore (=il tizio che scrive i libri) mi ha testé informato che sta per uscire con un nuovo romanzo, anche questo ambientato nelle immediate vicinanze di casa mia, anche questo presumibilmente ricco di inquietanti omicidi e di fantasiose etimologie paleocimbre! E’ il vostro entusiamo questo boato che sento? 
(spero di sì)


A parte questo zappare e seminare come un gentiluomo d’altri tempi, sabato sono andato ad una cena di reduci degli anni Settanta. E’ stato molto bello ed istruttivo, sono pochi i frichettonni sopravvissuti all’eroina, al riflusso ed al pidì, certo sbevacchiano e sfumicchiano come se non ci fosse un domani ma hanno un sacco di bei libri (praticamente tutto l’Eternauta) e quei dischi neri di plastica che si appoggiano sul girapiatti e ne esce la musica ed ascoltano di quella musica che adesso non se ne sente più in giro, tipo hanno messo su Bob Marley e poi i Wild Cherry e i Traffic, e da lì è nata una discussione colta (per quanto l’alcol e le spezie consentissero) su John Barleycorn e Jack London ed il turismo nudista. E pensavamo io et l’Amor mio che se per noi non è facile vivere in questa società degenerata senza più Marx né valori per loro dev’essere ancora più difficile, per loro che si sbattevano per un mondo migliore ed invece se lo sono visti diventare sempre peggiore e però vanno avanti senza mollare, si fanno tutte le manifestazioni, camminano a piedi scalzi e rollano da professionisti. 

Il nuovo romanzo si intitola "L’ultima Anguàna" e se sapete cos’è un’anguana sapete benissimo che c’è da aspettarsi un sacco di sesso, boschi e sangue, altrimenti è il caso di specificare che non ha nulla a che vedere con le anguille quindi non è quel genere di sesso e sangue che dovete aspettarvi. E quando potremo mettere le mani su questo gioiello? Se non siete già partiti di corsa per andare in libreria avete fatto bene, perché lo troverete solo a partire dal 15 Aprile che tra le altre cose è anche il compleanno dell’amico Nello, che saluto con affetto pur essendo egli sannita anziché cimbro e totalmente fuori luogo in questo paragrafo.

Un’altra cosa che mi è successa è che è passato un tipo per una "distribuzione speciale" porta a porta di Lotta Comunista, "un giornale scientifico". Prima di tutto, qual è la distribuzione ordinaria? Devi andare a prendertelo in Corea del Nord? Perché non ricordo di averlo mai visto in edicola, compagni. In secondo luogo, in che senso un giornale scientifico? Avete un ingegnere in redazione? Perché anche se so che è sbagliato giudicare un libro dalla copertina (ma lo faccio lo stesso), da un giornale scientifico mi aspetto nomi tipo "The Mathematical Intelligencer" o "Focus" o "Playboy", mentre "Lotta Comunista" mi comunica un vago senso retrò di rieducazione politica. Si potrebbe almeno trovare un compromesso, tipo, "Conflitto sociale teso al raggiungimento di un’utopica società di eguali in senso Marxista-Leninista", magari abbreviato in qualche modo. In ogni caso, questo tipo se ne vagava per la periferia veneta come una pecora in mezzo ai lupi con il suo pacchetto di giornali sottobraccio e tutti i miei vicini di casa lo allontavano a male parole, per cui io invece gli ho smollato un euro e mi sono comprato una copia. Anche perché lo so cosa succede a chi torna al furgone senza avere venduto neanche una copia, l’ho letto su Focus. Il tipo è stato così felice, pur continuando a rassicurarmi che si trattava di un giornale scientifico, che per un attimo si è quasi dimenticato di chiedermi il numero di telefono per contattarmi in caso di manifestazioni, riunioni, dibattiti. Gli ho dato quello di Pornorambo.

In ogni caso, sento che questo sarà il romanzo che darà nuova linfa alle mie presunte e del tutto infondate pretese di ascendenza cimbra nonché alle lunghe e violente discussioni sull’argomento con Amormio e come avrete forse intuito sono entusiasta della cosa tanto che in attesa di leggerlo vi ci butto giù una manciata di punti esclamativi così a cazzo da spedire ai vostri amici e parenti: !!!, !!!, !!!

P.S.: L’artefice di tutto questo, il tizio che ha svegliato questo demone cimbro che mi rugge nelle vene (si fa per dire), si chiama Umberto Matino (con una "t"). Volevo evitare di nominarlo perché uno si deve interessare al romanzo e non all’autore, ma poi ho pensato che ci sono anche scrittori che menano.




5/4
2011

Un tizio che uno di questi giorni gli succederà una cosa e non saprà neanche perché.

Ultimamente c’è ’sto tizio, quando passo per tornare al lavoro al pomeriggio, che se ne sta su una panchina a leggere. Io me ne passo in macchina all’una e quarantacinque, per esempio, ma possono essere anche l’una e quarantaquattro o l’una e quarantasei, ho una certa flessibilità d’orario, e lui se ne sta lì, sotto gli alberi che costeggiano il torrente, su una panchina di legno non ancora deturpata dai vandali, a leggere un libro. Neanche tutti i giorni, solo quando c’è il sole o è bel tempo. Io passo di lì anche quando fa brutto, sia chiaro, vado a lavorare anche quando il cielo è coperto, quando c’è vento e persino quando piove, ma lui no, lui probabilmente in quei giorni all’una e quarantacinque (circa) se ne sta a leggere in salotto, o persino a letto, mentre quando fa bello io passo e lui se ne sta su quella panchina o nei paraggi, oggi per esempio passeggiava lungo la pista ciclabile con la testa china sul libro, forse per sgranchirsi le gambe, forse perché c’era troppo sole, io passavo in auto e lui camminava leggendo ed io pensavo, ma guarda un po’ questo figlio di puttana che cammina leggendo, di solito legge spaparanzato sulla panchina in maniche di camicia con un braccio dietro lo schienale come se non avesse nessun pensiero al mondo, a gustarsi questo piacevole sole primaverile ed il fruscio delle foglie e tutto questo genere di cose, ma possibile che non abbia nient’altro da fare, a quest’ora del giorno poi, non ha un lavoro, non ha una famiglia, dev’essere una specie di scoppiato, uno di quelli che perdono il lavoro e vanno in depressione e si mettono a leggere i libri sulle panchine mentre la gente normale (io) va a lavorare e poi tornano a casa (loro) ed uccidono la famiglia (che comunque non hanno) e poi se la mangiano, e chissà che libro sta leggendo ’sto figlio di Androchia, guarda come se lo gusta, chiaramente indossa occhiali da sole perché altrimenti il riflesso del sole sulla pagina candida gli ferirebbe gli occhi, ma si capisce dalla piega della bocca e dalla postura rilassata che ci sta proprio cavando gusto, il maledetto, questo pensavo casualmente oggi come ogni giorno mentre gli passavo accanto in macchina per andare a farmi altre quattro o cinque ore di lavoro mal salariato, in quei due virgola otto (virgola sette, virgola nove) secondi che scorrono tra quando lo avvisto sulla sua panchina e quando me lo lascio alle spalle, il parassita, e comunque chi se ne frega, sono sicuro che lui il suo libro la sua panchina il suo viale alberato il suo torrente i suoi occhiali da sole ed il suo sole sono tutti e ribadisco tutti completamente acerbi.




21/3
2011

Lo scatolone di rabbia

Mi sento un po’ in imbarazzo, in questi giorni, per via di questa faccenda della guerra in Libia. Guerra, poi. Missione umanitaria, peacekeeping, chiamatela con l’eufemismo che preferite. Il ministro degli etseri Frattini oggi ha dichiarato "no alla guerra", quindi questa non è una guerra, ma d’altra parte mi sembra che subito dopo abbia anche dichiarato la propria contrarietà al latte versato ed ai buoi fuori dalla stalla, quindi non so che pensare. Il fatto è che a me Gheddafi sta sulle balle, ma non da adesso, da prima, da prima ancora, fin da quando sono piccolissimo mi è sempre stato sulle balline Gheddafi, ricordo di quando ci tirava i missili e faceva svolazzare i mig sopra la Sila, però allo stesso tempo sono anche contrario a ricambiare il favore riempendo lui ed i suoi concittadini di missilate sulla testa. Sono un bel paraculo, vero? Già, me ne rendo conto. Molto meno di quanti per decenni hanno chiuso gli occhi sulle porcate del dittatore libico, o peggio ancora hanno chiuso gli occhi e finanziato, o peggio ancora hanno chiuso gli occhi, finanziato, baciato le mani ed ora gonfiano il petto dichiarandosi pronti a riportare la democrazia nel mondo, democrazia che per loro evidentemente significava campi di concentramento nel deserto e torture e culto del capo e dittatura. Questi falsi tirannicidi con la coscienza e le mani sporche si muovono troppo tardi, con i mezzi sbagliati e solo per il proprio interesse, ma vogliono essere venerati come eroi. Io sono contro Gheddafi, contro la dittatura ed anche contro di loro, che fino a poche settimane fa erano amici di Gheddafi ed ora lo vorrebbero rimpinzare di bomboloni all’uranio impoverito. Non sono neanche un pacifista a prescindere. Capisco che a qualcuno fare la guerra possa piacere: serberò a lungo il ricordo del nostro ministro della guerra La Russa, che evidentemente sognava questo momento fin da quando era ragazzino, che annunciava l’intervento militare con il volto emozionato e turgido, mentre con maschia fierezza eiaculava orgoglio da tutti i pori, tanto che mi è venuto da temere pure per la sorte di Istria e Dalmazia. Capisco che per alcuni altri, magari anche in buona fede, questo sia il mezzo più pratico ed efficace per togliere di mezzo il cattivo della situazione. Altre volte ci ho creduto anch’io, e la storia successiva ha sempre dimostrato che avevo torto, che mi ero lasciato prendere in giro. Non porteranno la pace neanche stavolta, le nostre bombe umanitarie, le nostre bombe intelligenti che selezionano i propri obbiettivi con accuratezza e precisione: accuratamente e precisamente dove servono gli interessi economici e politici di chi le sgancia. E ancora una volta l’ONU e le sue risoluzioni tardive ed ambigue vengono usate come scusa per imporre le scelte di una manciata di Stati, oggi in modo ancora più grave perché avviene in contrasto con il parere di altri Stati che tanto irrilevanti non sono, come la Russia, la Cina, il Brasile e persino la Germania. Ma tant’è, si va avanti, ad ogni costo: non ad aiutare la Libia, o i libici, ma a conquistarla. O a riconquistarla, nel nostro caso.




10/3
2011

Il processo creativo

Giusto per chiarire, a me di questa riforma della giustizia non interessa una fava. Separazione delle carriere, doppio csm, responsabilità civile dei magistrati... niente, davvero, non mi solleticano, non so che farci. Diciamo che ho dei pregiudizi, per usare un’espressione del nostro cosiddetto ministro della cosiddetta giustizia Angelino Al Fano: siccome sospetto che questa riforma avvantaggi il Prez, pregiudizialmente sono contrario, pregiudizialmente mi sembra un inutile cumulo di minchiate allestito più che per infastidire, per minacciare i giudici. Non mi è ben chiaro che vantaggi ne tragga il Prez, a dire il vero, ma non mi risulta che abbia mai fatto una legge che non fosse finalizzata a fargli guadagnare qualcosa (tempo, libertà, soldi, donne, buoi, paesi tuoi). D’altra parte, non è che io sia contrario tout court ad una riforma della giustizia: la giustizia fa abbastanza schifo, da queste parti. Anzi, a dire il vero, mi sembra proprio che viviamo in una società ingiusta. C’è gente - figuratevi - che guadagna un sacco di soldi senza fare un cazzo ed altri che invece si smazzano in fabbrica per poche centinaia di euro, gente che non lavora perché il padre padroncino gli passa pure i soldi per la bamba e gente che non lavora perché non ha un lavoro, ci sono donne che non vengono assunte perché c’è il rischio che un domani possano rimanere incinte e donne che diventano ministre facendo i bucchini, semianalfabeti che vengono eletti consiglieri regionali per via di un cognome famoso e laureati che passano le giornate al call center prima di essere sbattuti fuori anche da lì, ci sono manager che guadagnano venti volte un operaio, trenta volte, un trilione di volte, ci sono amministratori che truffano le banche e non vanno in galera, banchieri che truffano i risparmiatori e non vanno in galera, imprenditori che lasciano morire i lavoratori e non vanno in galera e ci sono tossici che vanno in galera e non tornano più a casa, ci sono cocainomani in ogni cda ed in ogni caserma ed in ogni porsche di questo paese e ragazzi che vengono fatti fuori di botte se escono fuori fatti di notte, ci sono milioni di persone con milioni di cose da dire che se ne stanno zitte e pochi cialtroni che controllano ogni mezzo di comunicazione e blaterano e definiscono la cultura e ci sono persino, questo è proprio da pazzi, inquisiti e condannati in parlamento a legiferare sulla giustizia e queste sono solo alcune delle ingiustizie che vedo, che sento, che soffro, per non parlare di missioni di pace, mutui sulla casa, multinazionali, amori non corrisposti, chiesa cattolica, belle ragazze depresse e giovani tristi, c’è un sacco di ingiustizia in questo paese, in questo sistema, ci sono ingiustizie sociali e politiche, ingiustizie razziali e di genere, grossissime ingiustizie economiche, ma a ricordarle si passa per populisti, per qualunquisti, magari nei giorni buoni persino per sovversivi o per comunisti, non sono questi i problemi della giustizia, mi dicono, i problemi della giustizia sono i giudici prepotenti e i processi troppo lunghi o i reati di Berlusconi, cosa c’entrano le ingiustizie con la giustizia, forse è solo un’idea mia che la giustizia dovrebbe essere giusta e che una giusta riforma della giustizia dovrebbe rendere la giustizia più giusta, che una giustizia ingiusta dovrebbe essere riformata, abolita, condannata e quindi grazie, scusate, non sono un legulejo e non me ne intendo molto e forse ho fatto un sacco di confusione ma io di una riforma che mi sdoppia il csm ma non risolve nemmeno una delle ingiustizie che interessano a me non me ne faccio niente, non la leggo neanche, sono pregiudizialmente contro, sono la sinistra del no ed anche un po’ la sinistra del vaffanculo.




1/3
2011

Queen with no cow

Io lo so che nel mondo in questi giorni stanno succedendo cose turpi e/o bellissime e che dovrei forse commentare quelle* o gli ultimi pericolosi colpi di coda del caimano morente, ma preferisco invece annunziarvi che oggi è stato pubblicato il sito del nuovo progetto musicale dell’amico Julio Maria Gonzales Garbelodos, che questo musicoso s’intitola The Beta Project (anche se per coerenza avrebbe dovuto chiamarsi The Beta Maria Project) e che il sito su cui dovete sitare è www.thebetaproject.it. Ma non vi direi niente di tutto ciò se su questo sito non fosse scaricabile il primo singolo e se questo non fosse non solo gratis come è giusto che sia, ma anche sorprendentemente bello e ve lo ggiuro, io l’ho appena ascoltato infilandomi le cuffiette spocchiosamente convinto di ascoltare le solite robette italiane sfigate, le musichette carucce ma che proprio non gliela fanno, ed apparentemente la canzone parte proprio così ma dopo neanche tre secondi si evolve e diventa una cosa meravigliosa, roba che come si suol dire non sembra neanche italiana, tanto che se anche il resto del disco è così vien voglia di comprarlo coi soldi veri ed uno pensa questi diventeranno importanti e sarebbe anche invidioso ma poi pensa a Julio e dice Non posso essere invidioso di uno con quella faccia lì (scusa Julio) però è proprio bravo, finalmente almeno un amico di cui non ci si deve vergognare (scusa Nello).

E su, quel che dovevo dire io ve l’ho detto, ora andate e scaricatene tutti.






* in due parole, in posti che noi conosciamo solo per i villaggi vacanze gente che noi conosciamo solo come immigrati muratori spacciatori terroristi si fa sparare per valori kitsch come libertà e democrazia che noi conosciamo solo per averli visti nei film americani. E intanto, quelli che "dovremmo aiutarli a star meglio a casa loro" stanno a guardare, gli altri invece pure.




21/2
2011

Be your own Mazzini

Ve lo confesso, io me ne starei a casa, sul divano, ancora mezzo influenzato, a guardare film d’azione cinesi con le tapparelle abbassate, bevendo liquori forti in questo clima da basso impero, mentre in televisione scoppiano rivoluzioni, scoppiano dibattiti, l’europa attonita se ne sta a guardare mentre i popoli che aveva affidato a solidi portinai si riprendono la libertà ed il diritto, per farne cosa si vedrà, me ne starei attonito anch’io, imbottito di antivirali democratici ed occidentali, lacerato tra il mio animo illuminista ed il pragmatismo asburgico, tra Voltaire e Bismark, a fare aeroplanini di carta con la dichiarazione dei diritti dell’uomo mentre m’interrogo sul destino degli oleodotti, a ciondolare in pigiama verso il frigo mentre in strada non passano manifestazioni, mentre si attendono sconvolgenti rivelazioni e cambi di governo, senza neanche saper bene dove siano Bengasi o il Bahrein o il Wisconsin, annichilito da psicofarmaci a maggioranza semplice me ne resterei su questo divano a leggere intercettazioni, a veder sbarcare barconi, a cercare bambini scomparsi, mentre scoppiano festival di musica leggera ad ogni lancio d’agenzia spero in un tirannicidio, in un duemiladodici, un terremoto, una rivolta degli immigrati, una carboneria, una brigata ninja silenziosa e letale e vedo solo ignavi che odiano gli indifferenti ed indifferenti che odiano tutti indistintamente, ben educati valletti che dicono sempre di sì, cinici che per non sbagliare non credono più neanche a se stessi, tutti in attesa, tutti sospesi, tutti ragazzi interrotti, micce tagliate un secondo prima dell’esplosione, tutti pronti a dire che loro erano sempre stati contro, sempre stati a favore, loro, comunque liberi, mai intercettati, tutti in fondo ansiosi di sapere cosa succederebbe se anche a noi staccassero telefoni ed internet, se anche a noi ci manganellassero in massa, se ci bombardassero in piazza, vedere se finalmente ci scuoteremmo dal nostro torpore bicamerale con soglia di sbarramento, se come muli intontiti dal digitale liberale a furia di bastonate sulla groppa infine ci muoveremmo, noi famosa società civile, me ne starei a casa, barricato fuori, con il telefono spento, barricato dentro, me ne starei ad aspettare la fine del mondo o quantomeno del pidielle, se credessi agli aventini ed alle torri d’avorio, taglierei i ponti con chiunque mi abbia deluso e lancerei petardi dalla finestra a chi si avvicina, mi fingerei pazzo e darei fuoco alla casa e ricomincerei a fumare se pensassi davvero, davvero, che solo l’asteroide l’alieno l’onu la musica l’amore ci possono salvare, mentre qui c’è tutto un mondo che aspetta, invero un po’ scocciato, di essere distrutto e ricostruito.

Brasato, se preferite.

E davvero, davvero, non verrà qualcuno a farlo al posto nostro. Non un magistrato. Non un kamikaze. Non Gianfrancofiny. Non la Rosybindi. Non uno scrittore. Non un cantante. Non un faccendiere montenegrino. Non la mafia russa. Non una portaerei piena di tunisini incazzati. No-fuckin-body. Solo noi e la febbre.




15/2
2011

Il gelo sopra Stoccolma

Non so cos’abbiate fatto voi Sabato sera, io me ne vagavo per i vialetti ghiacciati dello Skogskyrkorgarden, l’immenso cimitero di Stoccolma, a cercare tra le fila di lapidi sepolte dalla neve la tomba di Greta Garbo, diva del cinema muto.

E’ andata così. C’è quest’amica serba di Amormio che per motivi suoi da qualche tempo abitava a Stock, ed ora che per altri motivi sempre suoi deve sloggiare ci ha invitato per qualche giorno in città, così da condividere con noi l’ebbrezza della vita nelle terre selvagge. Noi, pur consapevoli della latitudine ostile, non ci siamo fatti scappare l’occasione, abbiamo messo in valigia tutti i maglioni che la grettezza di Ryanair ci consentiva di portare e siamo partiti.

Il volo non è andato affatto male e l’atterraggio notturno sulla pista coperta di neve è stato spettacolare, soprattutto considerando che il pilota era uno stagista Ryan. Una volta sbarcati dall’aereo, nel piccolo aeroporto periferico di Salkåzza, la mia prima sensazione è stata

 

 

[F R E D D O]

 

 

di trovarmi in un luogo che presenta caratteristiche estremamente avverse alla presenza della specie umana, o almeno alla mia. La Swezia, mi sono reso conto in un istante, non è solo la gigantesca sconfinata distesa di mobili ikea e macchine volvo che immaginavo, ma una gigantesca sconfinata distesa di prati candidi ed alberi che con una caparbietà degna di ammirazione affondano le radici nella terra gelata attendendo pazientemente il proprio turno per essere trasformati in mobili ikea. Una gigantesca sconfinata distesa di nulla ghiacciato.

Appoggiate le valigie a casa dell’amica serba, che d’ora in poi per comodità chiameremo Zorkinica, siamo rimasti a chiacchierare e a raccontarci i fatti fino a notte fonda, guardando la neve cadere. In Swezia, prima scoperta, non usano le tende alla finestra ma appoggiano una lampada sul davanzale convinti che in questo modo non si riesca a vedere all’interno. Amici swedesi, vi sbagliate! Vedevo tutto! Non che ci fosse granché di interessante da guardare, peraltro.

Il giorno dopo, mentre il vento spazzava la neve dai tetti e la temperatura scendeva verso abissi mai visti, per prima cosa siamo andati a fare la spesa alla Coop. Seconda scoperta, anche in Swezia hanno la Coop. Terza scoperta, hanno delle verdure così tristi e striminzite che probabilmente sono quelle buttate via dalla Coop italiana. Tra zucchine e peperoni incellophanati uno per uno come reliquie e ciuffi di radicchio che sembrano scampati ad un incidente automobilistico, credo che le uniche verdure autoctone della Scandinavia siano le patate e le rape. In compenso, gli scaffali sono colmi di insaccati dall’aspetto improbabile, salse di ogni genere e cibi pronti, eppure - quarta scoperta -  non esistono swedesi grassi. Non so se li mangino o li caccino dal Paese o se dipenda dal metabolismo, ma non ho visto nessuno sovrappeso, nessuna rotolante palla di ciccia nordica vagare per le strade dopo essersi ingozzati di wurstel di renna. Quinta scoperta, vendono la carne di renna al supermercato. Sesta scoperta, usano veramente quelle macchine che tu ci metti dentro le bottiglie di plastica vuote o le lattine o il vetro ed in cambio ti danno i soldi. Soldi in cambio di rifiuti! Se ne installassero in Italia, la gente passerebbe le domeniche a ripulire i boschi e le spiagge! I tossici ti fermerebbero per strada a chiederti se per caso non hai un po’ di monnezza da regalargli! Ma invece no, noi siamo furbi, noi incentiviamo la differenziata con le promesse di un mondo migliore.

Verso sera, prendiamo finalmente la metro e andiamo a fare una passeggiate nella città vecchia. Sarà stata la neve, i lumini alle finestre, le insegne che penzolavano sui vicoli o il fatto che non ci fosse nessun altro ad arrischiarsi per le strade gelate, ma per quanto mi riguarda è stato amore a prima vista. Di giorno certamente fa un effetto diverso, sconta la presenza dei turisti e le botteghe aperte, ma quella notte pareva di essere entrati in una fiaba nordica, almeno fino a quando abbiamo dovuto infilarci nell’androne di un museo a scaldarci un poco. Sesta scoperta, in Swezia hanno le panchine di marmo con il sedile riscaldato, e chiunque abbia inventato questa cosa merita una sfilza di premi nobel. Per cena siamo andati in un ristorante italiano gestito da serbi, dove ho mangiato il miglior filetto al pepe verde con salsa misteriosa che io abbia mai mangiato in vita mia, nonché credo l’unico. Pare che Stoccolma sia piena di serbi, o forse è l’impressione che ho avuto io girando sempre con dei serbi.

Il giorno dopo, Sabato, abbiamo fatto molti altri passi per il centro cittadino, ci siamo fermati a mangiare un panino e poi come al solito abbiamo cominciato a girare con la metro ed i commuter per raggiungere gli angoli più sperduti della città, le periferie degradate. Settima scoperta, Stoccolma non ha periferie degradate. Anche nei quartieri dormitorio, i satellitari dove vivono molti immigrati e si fa fatica a trovare una farmacia o un giornalaio, ci sono parchi giochi e piste ciclabili ed interi boschi tra un condominio e l’altro. Se c’è una cosa che non manca in Swezia è lo spazio, e lo usano con prodigalità. Ottava scoperta, gli Stoccolmesi parlano tutti inglese e rispondono sempre quando chiedi un’informazione, anche se inizialmente sembrano un po’ restii. Nona scoperta, sono restii perché non sanno la risposta, non conosco un cazzo della loro città o della stazione della metro in cui lavorano, ma rispondono lo stesso per educazione. A caso. Ti dicono Sì, mi pare che da quelle parti ci sia un cambiavalute. E non c’è. Ti dicono Sicuramente se vai da quella parte lo trovi, e la risposta regina a tutte le domande: Sempre dritto. Un buon 75% delle domande che ho fatto ha ricevuto come risposta "Sempre dritto, non puoi sbagliare" e nel 100% dei casi sono andato sempre dritto e mi sono sbagliato, sono tornato indietro, ho chiesto indicazioni ad un’altra persona e mi ha ripetuto la stessa cosa ed io ci sono cascato di nuovo, rischiando più volte di salire su un treno per Oslo. 

Il nostro peregrinare, come dicevo, ci ha portato infine a Skogskyrkorgarden, uno dei pochi posti dove se proprio dovessi morire vorrei essere sepolto. Grandi spazi, alberi, neve, semplici lapidi senza tante croci o frizzi e lazzi ed un’atmosfera più riflessiva che lugubre. E poi c’è Greta Garbo. Io con la Garbo ho un rapporto speciale, perché è una delle poche grandi dive del cinema di cui non ho visto neanche un film. In compenso ho visto la sua tomba, una semplice lapide di marmo con incisa la firma, senza date o foto, e due rose rosse che qualcuno aveva portato.

La mattina dopo la sveglia ci ha strappato dal sonno alle cinque e mezzo, abbiamo fatto una frugale colazione e ci siamo poi precipitati a prendere l’autobus per l’aeroporto. Anche in questa occasione l’abitudine swedese di dare indicazioni a caso non ci ha aiutato, e sicuramente avremmo perso autobus e aereo e tutto e saremmo stati costretti a vagare per sempre per quelle lande artiche se non ci fossimo imbattuti in un tassista serbo da cui la cara Zorkinica è riuscita ad ottenere delle informazioni precise ed affidabili. Decima scoperta: Stoccolma ha sempre un serbo in serbo nel momento del bisogno.

 

Note a margine sparse: la temperatura non è mai salita sopra i -4 neanche durante le ore più calde della giornata, che comunque non esistono. Gli swedesi hanno sei possibili tonalità di capelli: immigrato, castano, biondo, molto biondo, estremamente biondo, regina delle nevi. Se ti piace il modello Galadriel, in Swezia troverai sicuramente la ragazza dei tuoi sogni. Lì si possono ancora usare le gomme chiodate. Hanno l’abitudine di masticare tabacco. Hanno un sacco di bagni pubblici. Nei supermercati non si possono comprare alcolici di gradazione superiore al 3,5%. Credono che il pesto alla genovese sia una salsa da usare come condimento.




7/2
2011

Ridere ancora

Mi sono giunte lamentele perché ultimamente aggiorno di rado il bloggo. Va beh, mi è giunta UNA lamentela, da parte di un amico incontrato sabato in discarica, e non era PornoRambo, nonostante sabato in discarica abbia incontrato anche lui, perché qui al Triste Borgo Natio il sabato per incontrare degli amici bisogna andare in discarica, nelle città importanti magari c’è un café storico o un locale alla moda o al limite una biblioteca, una piazzetta, un palazzo governativo da assaltare, qui al Borgo invece si va in discarica per incontrare i vecchi amici o fare nuove conoscenze, magari tra i tossici in rehab che fanno la sorveglianza.

(a proposito, so di non essere nella posizione più adatta per dirlo, ma bel lavoro di merda. Valeva la pena bucarsi e divertirsi come pazzi per poi finire a dare indicazioni ai vecchi su qual è il container giusto dove destinare il sacchetto del rusco? Siete il miglior spot contro la droga in circolazione, piuttosto che fare questa grama fine continuo a schiantarmi di cabernet a vita)

Comunque, non è che non sto aggiornando perché non ho niente da scrivere. Abbiamo organizzato nel Borgo una giornata interamente dedicata a taiji, qi gong e amenità assortite, è venuta un sacco di gente ed io personalmente ne sono stato molto contento, mi pare anche tutti gli altri. Ho visto diversi bei film cinesi e quattro stagioni di Mad Men. Rischio di perdere il lavoro qui nel bunker, perché pare che Hello Kitty non ci conceda la licenza per la nuova linea di mine antiuomo. Ho passato il fine settimana a scavare nella monnezza (che poi ho portato in discarica) e sto già pensando alla stagione roulottistica primaverile. Sono in ballo grandi ed entusiasmanti progetti per l’AssoTaiji di cui sono socio. Il prossimo fine settimana io ed Amormio facciamo un salto a Stoccolma, così, giusto per vedere se il freddo vero è sempre qui, in fondo al mio cuore di sbarbo, o se anche un meno quindici sulla pelle è abbastanza convincente. Ho una nuova nipote da andare a visitare. Sto studiando cose molto interessanti, un quarto d’ora al giorno tra le 6.50 e le 7.05. Mi muovo in continuazione, dentro e fuori. Cose da scrivere ce ne sono, ce ne sono state, ce ne saranno sempre e sempre bisognerà scriverle. Talvolta restano a bollire sotto la superficie, ogni tanto esplodono come vulcani islandesi e disturbano con la loro pesante nube di metaforica ingerenza le fragili rotte delle compagnie aeree capitaliste, qualsiasi cosa questo significhi.

Solo che, ecco, il tempo è tiranno e non vuole lasciare la carica altrimenti il Paese rischia di sprofondare nel caos, ed io mi sto forse un po’ disinnamorando del mezzo, ormai conteso pure lui tra l’invadenza delle multinazionali ed il cinismo sterile dei self-made intellectuals. Ma non mi preoccupo, dopo la pioggia viene il tempo bello e questa primavera - chissà - potrebbe essere la migliore di sempre, se solo smettessimo di aspettare che le rivoluzioni in casa ce le portino gli altri.




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